02-08-2008 |
"La carità che sgorga da un cuore puro, da una buonacoscienza, e da una fede sincera" (1 Tim 1,5)
Ci fa bene questa puntualizzazione di Paolo circa la carità. Noi associamo spesso, fino a identificare, la carità col sentimento di attrazione verso una persona bisognosa, la quale ci commuove, ci intenerisce e ci muove a soccorso. Paolo ci ricorda che la vera carità, quella di Cristo, trova la sua origine non solo nei moti psichici ed emotivi. Occorre avere un animo puro, limpido da doppiezze. Occorre anche la riflessione della coscienza su ciò che è bene, per sé e per l'altro. Infine è la fede che sostiene la carità. Don Oreste Benzi insegnava ai suoi volontari:
"Se non si sta in ginocchio non si può stare in piedi". Vivi la carità nella luce della fede con la grazia di Cristo o ti perdi nell'attivismo?
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Mi vengono in mente le letture di domenica scorsa, dove Isaia dice: “Così parla il Signore: «O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte”. E Matteo dice: “«Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare»’,
Ho avvertito un pugno allo stomaco, perché per un momento mi ha assalito un dubbio. E se quelli che bussano alla “nostra porta” non fossero sfaccendati, gente che pretende di mangiare gratis in casa nostra, o peggio, non fossero poi tutti delinquenti, ma invece fossero quelli che, secondo Isaia, il Signore invita a sfamarsi “senza denaro”, se fossero quella folla che gli stessi discepoli vorrebbero rimandare a casa loro per comprarsi da mangiare? Se così fosse, le parole di Gesù «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare» quale peso avrebbero sulla nostra coscienza, come si concilierebbero con il significato che comunemente diamo alla carità?