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Commento Lectio 14/09/08 - Inno Fil 2, 6-11 PDF Stampa
12-09-2008

L'INNO CRISTOLOGICO (Fil 2,6-11)


Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

6 il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
9 Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
10 perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
11 e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

Contesto.

Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (CEI)

Se è vero che Cristo vi chiama ad agire, se l'amore vi dà qualche conforto, se lo Spirito Santo vi unisce, se è vero che tra voi c'è affetto e comprensione... rendete completa la mia gioia. Abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo amore. Siate concordi e unanimi! Non fate nulla per invidia e per vanto, anzi, con grande umiltà, stimate gli altri migliori di voi. Badate agli interessi degli altri e non soltanto ai vostri. I vostri rapporti reciproci siano fondati sul fatto che siete uniti a Cristo Gesù (LDC)

L'Inno emerge come un picco insuperabile, una perla preziosa in mezzo a una serie di esortazioni alla concordia nella vita comunitaria. Mentre sta facendo il fervorino, a Paolo viene in mente l'inno e lo cita tutto. È significativo ce Paolo cerchi di risolvere i problemi della sua comunità non solo con generiche esortazioni morali, ma andando a Cristo, al suo cammino, alle sue scelte.
La parola chiave del brano introduttivo è il verbo froneo - sentire, che nel N. T. e in particolare nell'epistolario paolino indica l'atteggiamento interiore e dinamico del credente che coinvolge tutta la sua persona - ragione, volontà, sentimenti - e determina la sua presa di posizione di fronte alla vita e condiziona i suoi rapporti. Questo "sentire del cristiano deve essere modellato sul sentire di Gesù, sul suo atteggiamento concreto e vissuto: "Nessuno cerchi il suo interesse, ma anche quello degli altri" (vs. 4), come Cristo che "non approfittò del suo essere uguale a Dio"; occhio alla vanagloria ("vuota-gloria") perché "Cristo ha svuotato se stesso"; invita all'umiltà, sull'esempio di Cristo che umiliò se stesso.
Il contesto mi fa capire che la verifica e lo specchio dell'autenticità del mio rapporto con Gesù Crocifisso e Risorto sono le relazioni con gli altri. Anche dei cristiani che fanno tante cose belle come i Filippesi, che portano aiuti materiali a Paolo, perfino quelli che lo aiutano possono "cercare i propri interessi" (2,21), essere molto preoccupati di se stessi, cercare le proprie piccole e vane glorie, dividersi tra loro (4,2), stroncarsi a vicenda...

Origine: molto probabilmente l'inno non è stato composto da Paolo stesso. Paolo l'ha "trovato" nella Chiesa, l'ha pregato e l'ha citato e attualizzato nella lettera ai Filippesi. Anche noi troviamo tanti "tesori", tante perle preziose nella preghiera, nella riflessione e nella vita della Chiesa, che ci possono aiutare nella comprensione sempre più adulta di Cristo e della vita cristiana. Certo sta a noi accogliere, interiorizzare, confrontarci con questo tesoro.

Struttura: è evidente una bipartitura:
6-8    abbassamento
9-11    esaltazione

Nella prima parte il soggetto è Gesù che si umilia, nella seconda è il Padre che lo esalta.

È possibile anche dividere il tre parti:
6-7a    preesistenza terrena
7b-8    vita terrena
9-11    vita celeste

La BJ divide l'inno in 6 strofe:
    preesistenza
    abbassamento dell'incarnazione
    abbassamento della croce
    glorificazione celeste
    adorazione dell'universo
    titolo del Signore.
Sottolineiamo qualche parola chiave:

L'abbassamento del Cristo (vv 6-8)

·    "pur essendo di natura divina".

Il testo greco usa il termine "morfé", forma, condizione. Come lo possiamo intendere? In due modi:
-    pur essendo Dio si è fatto uomo: la preesistenza del Verbo e l'incarnazione;
-    pur essendo Dio ha vissuto la condizione di servo, di schiavo: come Gesù di Nazaret ha "gestito" la sua divinità, il suo potere, la sua autorità e dignità. Pensiamo a quante volte Gesù si è di fatto trovato ad un bivio su questo punto, tentato di imboccare la via della gloria mondana, della sicurezza, dell'apparire, dalle tentazioni fino sulla croce...

·    "non considerò un tesoro geloso".

Così CEI traduce il termine greco "arpagmon", una cosa da difendere e nascondere. Venendo nel mondo, Gesù non si fa forte della sua divinità, non rivendica i suoi diritti, ma imbocca la strade del dono, del servizio. Non vive da uomo auto-centrato sui suoi diritti da difendere, ma da uomo decentrato, che non ha nulla da difendere, capace di svuotare completamente se stesso, e per questo veramente libero. La sua libertà non è per lui luogo di rivendicazione, ma possibilità per un dono.
-    Quali sono i tesori gelosi che faccio fatica a lasciare? Quali meccanismi di difesa scattano dentro di me?

TOB traduce "una preda da rapire".
Adamo-uomo con la sua disobbedienza ha voluto diventare come Dio; Gesù-Dio, con la sua obbedienza si è fatto uomo. Il significato è che comunque Cristo non approfitta della sua condizione, non sfrutta a suo vantaggio il suo essere "pari a Dio".


·    "spogliò se stesso".

Alla lettera "svuotò se stesso", con riferimento al Servo di JHWH di Is 53,12: "diede se stesso alla morte. Gesù certamente non si spoglia della natura divina, ma di quella gloria che vuole ricevere solo dal Padre (Gv 17,5); rinuncia in modo totale, libero e volontario a tutto ciò che il suo status divino comportava, e assume la condizione di schiavo, privo di ogni autorità e dignità, completamente dedito all'umile servizio degli altri. È lo svuotamento del seme che dà tutto alla pianta che cresce, lo svuotamento di chi è ormai libero da se stesso, da tante preoccupazioni e può mettersi a completa disposizione, può darsi tutto, può dire: "Questo è il mio corpo che è per voi".
-    In quanti modi posso ripetere ogni giorno: Questo è il mio corpo che è per voi?".

·    "...divenendo simile agli uomini..." (CEI).

"Fu uomo tra gli uomini e visse conosciuto come uno di loro" (LDC)
Qui viene sottolineata la condivisione: venendo nel mondo, Gesù non ha pensato subito a risolvere i problemi dall'alto, ma a condividerli.
Non ha solo salvato gli uomini, si è fatto uomo; non ha solo parlato di amore, di famiglia... è stato davvero in famiglia, ha avuto degli amici; non ha solo sfamato gli affamati, ha avuto fame; si è fatto povero, ha avuto paura, ha sofferto, è morto. Si è davvero compromesso con l'umanità, si è sporcato le mani, come quando lava i piedi ai suoi. Occhio quindi al servizio della condivisione quotidiana con le persone che ci sono più vicine.
-    Dove risuona più forte nelle mie giornate l'appello alla condivisione? Cosa vuol dire per me il servizio del quotidiano?

È divenuto simile agli uomini, in un processo, in una educazione progressiva cui ha voluto sottoporsi, in una capacità crescente di immergersi nella nostra umanità che lo ha condotto fino alla croce. La lettera agli Ebrei parla di questa educazione: "pur essendo figlio, ha imparato l'obbedienza dalle cose che patì..."
-    Attraverso quali tappe il Signore mi sta educando al dono di me stesso, alla vera libertà interiore, alla condivisione, alla capacità di soffrire con chi soffre, di gioire con chi gioisce?

·    "...apparso in forma umana...".

Si sottolinea il realismo dell'incarnazione: Gesù non è solo "simile" agli uomini; è veramente uomo. Ha lavorato, ha amato con cuore d'uomo...

·    "...umiliò se stesso".

Questa espressione viene usata nel N.T. in contrapposizione ai sentimenti di vanità, ambizione e autoesaltazione (cfr Mt 18,4; 23,12; Lc 14,11; 18,14; 2Cor 11,7).
L'autoumiliazione di Gesù consiste dunque nel radicale rifiuto dell'ambizione e dell'orgoglio e, di riflesso, nell'adozione di quella ferma e risoluta mitezza, aliena da qualsiasi violenza, che è stata propria del servo di JHWH (Mt 11,29: "prendete il mio gioco sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore"). È l'umile grandezza dell'uomo delle Beatitudini, è la forte debolezza dell'amore.

·    "...obbediente...".

Atteggiamento abituale, costante di fedeltà alla volontà di Dio. (cfr Eb 5,8).
L'obbedienza, è arrivare a fare quello che non ti sei scelto, non ti sei cercato, arrivare a dire: "Non la mia, ma la tua volontà", è il servizio e anche la libertà più grande: non fare quello che mi pare, ma scegliere, amare quello che ti trovi a fare, le persone con cui ti trovi a stare.

·    "...fino alla morte...".

In senso non solo temporale, ma anche qualitativo: "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine"(Gv 13), arrivò fino in fondo.


·    "e alla morte di croce...".

Per i Filippesi, cittadini romani, questa ulteriore specificazione era molto forte. Gesù si è privato anche di una morte dignitosa.

Il Cristo esaltato (vv. 9-11)

Cambia il soggetto e il tono.
·    "per questo...".

È il centro dell'Inno. La domenica di Pasqua non è solo dopo il venerdì santo, una bella fine di una brutta storia, e tutti vissero felici e contenti; è piuttosto la conseguenza del venerdì santo, la vittoria dell'amore che si dona: quel Gesù che si è fatto servo ora viene esaltato non nonostante la croce ma a causa di essa. Anche per questo, per sottolineare l'unità tra il Crocefisso e il Risorto, Gesù appare ai suoi col segno dei chiodi che ora sono come un marchio di garanzia delle sue scelte.
La vittoria pasquale di Gesù è anche la vittoria, l'esaltazione delle sue scelte: è lui, l'uomo delle Beatitudini, il povero in spirito, l'afflitto, il puro di cuore, l'affamato di giustizia, il misericordioso, colui che ha perduto la sua vita, che ha vinto ed è stato esaltato "per questo".
Qui le parole che diceva alla folla e ai discepoli sbigottiti in cammino verso Gerusalemme appaiono in tutta la loro verità: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?» (Mc 8,35-37).
- Occhio a non staccare mai la croce dalla risurrezione, a non vedere l'una senza l'altra. A non mettere la croce tra parentesi ma anche a non fare del dolorismo, a non fermarci al venerdì santo. Anche perché la croce vale non in se stesa, ma per l'amore che in essa si esprime. Il cristiano non sceglie il dolore per il dolore, ma l'amore, un amore fedele fino in fondo, e sa che per questo bisogna essere disposti a soffrire.

·    "Dio lo ha esaltato...".

Il verbo esaltare è impiegato anche in Gv per indicare la morte gloriosa di Cristo in croce, morte che implica già la sua esaltazione. Questo verbo costituisce anche un ulteriore allusione al Servo di JHWH di Is 52,13: "Il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato".
È Dio che esaltaGesù, non Gesù che si autoesalta, che cerca se stesso.

·    "...egli ha dato il nome...".

È l'unico passo del NT dove si parla di un atto di grazia concesso a Cristo. Per l'iniziativa gratuita di Dio, Gesù riceve il nome di Kyrios, lo status, la dignità di Signore (Mt 28,18: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra"): ciò a cui aveva liberamente rinunciato come diritto lo ottiene ora come dono gratuito e tutto il cosmo lo confessa.
Confronta con il ricco di Lc 16 che vive solo per se stesso e perde il suo nome: se vuoi un nome, se vuoi davvero trovare te stesso, perditi...

·    "che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore"

Questa adorazione e confessione cosmica di Gesù Signore, che si estende a tutto l'universo, fa capire l'immensa portata del suo apparente fallimento sulla croce e la grande rilevanza che assume ogni gesto, ogni vita che si incammina sulla sua strada.

·    "...a gloria di Dio Padre...".

Questa conclusione di tutto l'inno sottolinea che anche il Gesù esaltato prolunga quell'atteggiamento di umiltà che lo ha portato a non approfittare del suo essere uguale a Dio. Per i Filippesi, Gesù Cristo Signore è modello di umiltà in tutte e due le parti dell'Inno



 
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