Dal Vangelo di Domenica 11 febbraio |
09-02-2018 | |
In
quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in
ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe
compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii
purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu
purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Mc 1,40-45
In
queste domeniche l'evangelista Marco ci sta raccontando l'azione
di Gesù contro ogni specie di male, a beneficio dei sofferenti nel
corpo e nello spirito: indemoniati, ammalati, peccatori... Egli si
presenta come colui che combatte e vince il male ovunque lo incontri.
Nel Vangelo di oggi questa sua lotta affronta un caso emblematico,
perché il malato è un lebbroso. La lebbra è una malattia
contagiosa e impietosa, che sfigura la persona, e che era simbolo di
impurità: il lebbroso doveva stare fuori dai centri abitati e
segnalare la sua presenza ai passanti. Era emarginato dalla comunità
civile e religiosa. Era come un morto ambulante.
L'episodio della guarigione del lebbroso si svolge in tre brevi passaggi: l'invocazione del malato, la risposta di Gesù, le conseguenze della guarigione prodigiosa. Il lebbroso supplica Gesù «in ginocchio» e gli dice: «Se vuoi, puoi purificarmi». A questa preghiera umile e fiduciosa, Gesù reagisce con un atteggiamento profondo del suo animo: la compassione. E "compassione" è una parola molto profonda: compassione Ancora una volta il Vangelo ci mostra che cosa fa Dio di fronte al nostro male: Dio non viene a "tenere una lezione" sul dolore; non viene neanche ad eliminare dal mondo la sofferenza e la morte; viene piuttosto a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo. Così Cristo combatte i mali e le sofferenze del mondo: facendosene carico e vincendoli con la forza della misericordia di Dio. A noi, oggi, il Vangelo della guarigione del lebbroso dice che, se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione. Per essere "imitatori di Cristo" di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione, e di toccarlo e di abbracciarlo. Ho chiesto spesso, alle persone che aiutano gli altri, di farlo guardandoli negli occhi, di non avere paura di toccarli; che il gesto di aiuto sia anche un gesto di comunicazione: anche noi abbiamo bisogno di essere da loro accolti. Un gesto di tenerezza, un gesto di compassione... Ma io vi domando: voi, quando aiutate gli altri, li guardate negli occhi? Li accogliete senza paura di toccarli? Li accogliete con tenerezza? Pensate a questo: come aiutate? A distanza o con tenerezza, con vicinanza? Se il male è contagioso, lo è anche il bene. Pertanto, bisogna che abbondi in noi, sempre più, il bene. Lasciamoci contagiare dal bene e contagiamo il bene! Papa Francesco Commenti (0)
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